IN LIBRERIA

Un pomeriggio nella libreria del Centre Georges Pompidou alla ricerca di novità, cercando con lo sguardo e non solo tra gli scaffali. L'occhio va immediatamente su una serie di piccoli libri stampati in due colori con testi di architetti del passato riprodotti in versione integrale con saggi di commento. Molto belli graficamente, tascabili, ad un prezzo contenuto, mi ricordano il lavoro incredibile dell'Universale di Architettura di Bruno Zevi che porta l'architettura in edicola, per la prima volta.

Form Follows Functions L.Sullivan, Energy, Earth & Everyone R. Buckminster Fuller, Form Follows Finance C. Willis

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Ancora tra gli scaffali

Claude Parent

con lo splendido catalogo che accompagnava la mostra monografica alla Citè de architecture........

Marnes

una rivista di critica e teoria.

Un film sulla vita ed il lavoro di Monsieur Parent

Molto elegante il libro di Aravena

Elemental

 con la sua copertina in plastica trasparente che da vita al progetto realizzato mostrandolo prima e dopo, infilando e sfilando il volume dal suo contenitore

Nuovi testi sull'architettura Giapponese oramai, raccontate in tutte le forme e da tutti gli editori

Uno sguardo a Le Corbusier aspettando il catalogo della mostra al MAXXI di Roma

Un libro molto bello che descrive il lavoro didattico e la ricerca fatta ad Harvard dai due architetti spagnoli, un omaggio allo scomparso Luis M. Mansilla.

Il lavoro di Mircea Cantor  recente vincitore dell'edizione 2012 del premio Marcel Duchamp, consiglio anche la piccola mostra che accompagna il catalogo.

In attesa della presentazione della rivista DESERTO ROSSO uno sguardo al settore cinema 

Deserto Rosso Michelangelo Antonioni

SERVINO IS COMING

Presto su the booklist il nuovo e molto atteso, almeno da parte mia, lavoro di Beniamino Servino, pensieri immagini modelli, su cui l'architetto costruisce la sua Architettura. Un immaginario che gioca sul contrasto di parole tra loro apparentemente antitetiche, Bisogno e Monumento.

Bisogno

di esprimersi, attraverso i significati molteplici nascosti in questi

Monumenti

alla semplice passione per l'Architettura.

A PERFECT SHELF

The Shelf

journal 1  

The shelf company Saint Denis 2012

Sapevo che non  ce l'avrei fatta a rispettare la lista del mese d'ottobre, girando in libreria ho incontrato

The Shelf

Questa 

é

 una rivista particolare per chi ama i libri, prima di tutto come oggetti, e poi per quello che rappresentano. 

The shelf, nel colophon si autodefinisce come 

design 

e

ditorial, cult of the shelf.

E se si parla di culto dello scaffale allora 

è

 qualcosa da andare a vedere. Detto fatto l'ho comprata sulla fiducia non l'ho neanche tolta dal cellophane per sfogliarla, qualche rischio va preso, anche dopo gli insegnamenti del mio amico Gabriele...

.

i libri vanno selezionati e valutati prima di acquistarli, 

scusa Gabriele non ho resistito.

La copertina su carta edo kosome uroko white da 204 grammi, una carta bianca stampata a rilievo che sembra un tessuto pregiato, il dorso delle pagine colorato in verde, all'interno una seconda copertina con lo scaffale vuoto, le pagine carta opaca bianchissima da 120 gr. Insomma un prodotto editoriale che dimostra prima di mostrare quanto sia importante la qualit

à

 di un libro. Il  libro è prima di tutto un oggetto che nasconde tanti significati  non solo storie ma sensazioni tattili, odori e tanta bellezza a prescindere da tutto il resto.

The Shelf è un semestrale costa 18 euro ed è stampato in Francia, bilingue naturalmente francese-inglese.

Si parla di libri naturalmente, ma per farlo non si cerca di indagare solo il contemporaneo.

Si cerca di capire i libri, attraverso la storia, bello vedere testi del secolo scorso presi come pretesto per raccontare i libri di oggi, e poi c'

è

 l'importanza delle idee che gli danno forma ma specialmente si viaggia attraverso i segni che accompagnano i contenuti.

I titoli dei saggi descrivono perfettamente il tipo di direzione intrapreso dagli ideatori della rivista ma anche le sezioni a cui appartengono che graficamente li sovrastano, sono quelli i temi che si ripeteranno nel corso dei prossimi numeri:

Off the shelf

Shelf service

Me my shelf and I

Display shelf 

Shelf mark

Shelf label

I titoli dei saggi 

on loving book, the design of typespecimens, decorative compositions need thorough attention, the structure of a book, voyages of discovery

, fanno il resto.

Il numero si chiude con delle segnalazioni che rispondono ad una richiesta specifica dello staff editoriale

: what was the last book you bought for its visual, physical or artistic quality?

Una rivista si ma anche una sorta di manuale per insegnare a capire i libri oltre i loro contenuti apparenti, per imparare a  sfogliarli e guardarli  per comprendere il lavoro che da sempre accompagna la creazione tipografica, grafica ed ideativa.

Un rivista  che insegna ad amare e conoscere la carta stampata. 

www.theshelf.fr

SEGNALAZIONI

Francis Bacon 

e la condizione esistenziale dell'arte contemporanea

Hatje Cantz 2012

mostra 5 ottobre 2012 - 27 gennaio 2013

La mostra propone il lavoro di artisti che esplorano il tema dell'esistenza. Le loro opere danno forma a stati d'animo e interrogativi che l'essere umano si pone nel rapporto con la sfera più intima ed emotiva del proprio io, ma anche con il corpo, proprio ed altrui, e con il mondo circostante. Punto di partenza è un  nucleo di opere del grande maestro Francis Bacon, la cui opera entra in dialogo con il lavoro di cinque artisti contemporanei: Nathalie Djurberg, Adrian Gheine, Arcangelo Sassolino, Chiharu Shiota e Annegret Soltau.

La mostra permette di avvicinare sensibilità diverse andando oltre le differenze temporali e culturali degli artisti. 

SPAZI SACRI

An artist book by Matilde Cassani, 2010

graphic concept and design by Demian Bern, EXP.edition

Il libro di oggi, è un libro d'artista realizzato per una mostra ospitata in diverse gallerie tra le quali lo Storefront di New York  http://sacredspacesinprofanebuildings.com/. E' un libro bellissimo, perchè racconta gli spazi sacri che si nascondono tra le pieghe delle nostre città. Non quelli evidenti consacrati dalla storia dell'architettura o dall'uso delle masse.

Ma luoghi apparentemente anonimi, in cui si rifugiano comunità di fedi completamente diverse. In Italia almeno, chiese bellissime e meno belle è possibile visitarle in ogni momento, ma in questo libro si parla d'altro.

In una società che si trasforma in fretta, non può essere solo la religione cattolica a rappresentare tutti. Questo libro ci racconta delle storie che danno un nuovo significato al concetto stesso di spazio sacro attraverso la loro invisibilità.

Il libro della Cassani è una ricerca attenta su ciò che non si vede un libro nel quale lo spazio sacro è solo una scusa per rifletteresui cambiamenti della città contemporanea.

Sacred interiors in profane buildings

è costruito in maniera semplice, e contiene diversi livelli di lettura in cui testo, fotografie, diagrammi, ed architetture si fondono creando un palinsesto all'interno del quale è possibile trovare molti spunti per il progetto della città contemporanea. Come architetto dopo essere stato attratto da principio dalla ricerca sullo spazio sacro, ho cominciato a riflettere su come questi luoghi altri lentamente stiano sostituendo lo spazio pubblico nelle nostre città, e ho immaginato le conseguenze di tutto questo. 

Come semplice lettore invece ho apprezzato le storie raccontante attraverso testi e fotografie, storie che evidenziano come in città diverse tra loro: Milano, Barcellona, New York prendono forma realtà comunitarie molto simili tra di loro.

La religione  assume un significato diverso, dà forma ad uno spazio assoluto senza ricorrere ad una ricerca linguistica specifica,  colonizza la città diffusa, attraverso un'operazione di riciclo del patrimonio edilizio esistente.

Lascio la parola a Matilde per raccontare, meglio, tutto questo.

Sacred spaces in profane buildings

di MATILDE CASSANI

Immaginiamo la città come sistema continuo di spazi interni: una successione di luoghi, dove simultaneamente si mangia, si dorme, si lavora, si parcheggia l’auto, si fa sport, si prega. Immaginiamo anche il passare del tempo e le naturali mutazioni tipologiche: le fabbriche diventano case, le case diventano uffici, gli uffici diventano negozi, le stazioni diventano gallerie d’arte, i garage e gli edifici sfitti diventano luoghi di culto per gli immigrati.

In passato, in Europa, la maggioranza cristiana ha sempre assorbito e armonizzato, e talvolta soppresso, le differenze, lasciando al continente un’immagine culturale omogenea. Più recentemente, le migrazioni da altri Paesi (dalle ex colonie, dagli ex Paesi della Cortina di ferro, dai Paesi in guerra o più poveri) hanno profondamente 

mutato l’uniforme panorama culturale, sollevando la necessità di affrontare il pluralismo religioso non solo dal punto di vista sociale ma anche da quello urbano. La differenza culturale oggi, nello spazio costruito, si articola attraverso espressioni architettoniche inedite.

Fino a pochi anni fa si pensava che il legame tra spazi pubblici e luoghi religiosi sarebbe svanito sino a scomparire, mentre le società si secolarizzavano lasciando luogo alla laicità. In realtà, le cose sono andate diversamente: la domanda di spazi religiosi non è affatto scomparsa, è semplicemente cambiata. La superficie della città ancora non lo rivela, ma, guardando dentro gli edifici, ci si accorge del cambiamento.

In assenza di una precisa legislazione, il sacro si fa spazio attraverso un microcosmo di azioni

informali in continua evoluzione. Dal punto di vista legislativo, in molti Paesi, il confine non è chiaro:la costruzione degli edifici di culto dipende dalle possibilità economiche della comunità, dalla disponibilità di vuoti urbani, da accordi con parti politiche. Non esistono procedure e ogni caso è un fenomeno a sè, gestito di conseguenza ad hoc.

Il luogo di preghiera, dunque, diventa un dispositivo in grado di preservare l’identità culturale di una comunità di immigrati in un nuovo Paese Ospite, e rappresenta un sito sicuro e protetto.

Ogni religione ha un sistema di credenze e pratiche definite, che hanno originato strutture urbane complesse, legate alla sfera del sacro e alla cerimonialità: piazze, strade, cimiteri. Le nuove comunità insediate in Europa generalmente non riportano evidenti segni architettonici della propria presenza, come avveniva un tempo attraverso minareti o campanili. Al contrario, un capannone, un sotto scala, un appartamento in affitto sono spesso i nuovi nuclei del sacro, luoghi di culto per grandi numeri di persone. Un interno è una risposta immediata alla necessità di raccoglimento religioso: non implica il riconoscimento dell’intera comunità localené delle autorità, si connota quindi pubblicamente come un fenomeno minore, mimetizzato. 

Secondo questa logica, i luoghi di culto si articolano attraverso spazi privati, nell’attesa di divenire pubblici in futuro. L’architettura sacra diventa un progetto di arredo, gli strumenti del rito e le decorazioni sono oggetti di produzione di massa, resi sacri per l’occasione.

In mancanza di spazio, la strategia è quella di pregare, riunirsi, insegnare la propria lingua e predicare nello stesso posto. Il sistema si esprime puntualmente, si concentra, cioè, in uno spazio unico. Gli interni religiosi diventano spazi polifunzionali, dove la gente mangia, si riunisce, prega e incontra gli amici.

Il limite tra sacro e profano si assottiglia e diventa una mera convenzione. L’attività commerciale, il tempo libero e l’osservanzareligiosa convivono negli stessi luoghi, che hanno minime caratteristiche disacralità: uno spazio per la preparazione al culto, una stanza per la preghiera, una cucina, una stanza da letto, un bagno, una sala riunioni. Pochi simboli, solo il necessario. E sono luoghi non definibili dal punto divista tipologico: con la compiacenza di attori privati e pubblici, 

in assenza di chiarezza, sfuggono a controlli tecnicisulle vie di fuga, dimensioni, aerazione, destinazione d’uso. Questi luoghi di culto sono, ufficialmente,niente più che associazioni culturali, ritrovi temporanei di una comunità. Queste sovrapposizioni culturali si riscontrano anche in aeroporti, scuole, carceri, villaggi vacanze—luoghi di incontro caratterizzati dalla necessità di spazi sacri minimi ma versatili.


Le città, d’altra parte, diventano nel tempo depositarie di una stratificazione di culti. Il fenomeno ha intensità differenti in ogni Paese, a seconda del sistema governativo, della storia edella densità abitativa. Londra ospita il più antico tempio sikh d’Europa;a Barcellona ci sono duecentoventi luoghi di culto all’interno di appartamenti, negozi e scuole; a ParigiNeuilly, varie confessioni religiose condividono un centro di preghiera durante la settimana.

In Italia, a Palermo, il Garage Europa, situato al secondo piano interrato, ospita un tempio induista; la chiesa di San Paolinodei Giardinieri non è più una chiesa, ma una moschea. A Milano, un intero viale è divenuto una moschea, mentre i buddisti hanno celebrato lo scorso settembre il Vesak, costruendo una Stupa nell’area di parcheggio di fronte a una chiesa cattolica nel centro storico. A Novellara, paese agricolo della Pianura Padana, la più numerosa comunità sikh dell’Europacentrale prega in un tempio costruito al centro di un’area industriale; il 18 aprile di ogni anno celebra il Baisakhi, cerimonia dedicata all’arrivo della primavera: migliaia di persone si riversano nelle strade e nel camposportivo, per poi ritrovarsi al Gurdwara (il centro per la preghiera), situato nella zona industriale del paese. A Barcellona solitamente si affitta La Ramblaper lo stesso rito. Come fenomeno visibile di appropriazione temporanea dellospazio pubblico, emergono al momento solo le cerimonie, che non lasciano una traccia permanente. Il processo di infiltrazione degli spazi di culto nella città europea è, tuttavia, già un dato di fatto: avviene in modo spontaneo,invisibile, e, per lo più, in mancanza di legislazioni precise. Sta ora ai vari Paesi affrontare il dibattito su come gestire con trasparenza questa nuovarealtà. A metà stradatra multiculturalità e integrazione, il sacro spesso si nasconde dietro l’insegna di un negozio di abbigliamento, in attesa del momento in cui le comunità insediate crescano fino al punto di acquisire diritti. E spazio.

OLTRE IL LIBRO

ALIGHIERO E BOETTI. Oltre il libro

A cura di Giorgio Maffei e Maura Picciau

Corraini edizioni 2011

Per Alighiero Boetti i libri non sono semplicemente libri, ma un modo di guardare all’arte e alla realtà. I libri divengono esperienza estetica, in ungioco di rimandi tra lettura e arte, strumenti di ricerca e classificazione di idee. Spesso Boetti li usa solamente come riflessione su un tema oppure per seguire un’immagine che si lentamente trasforma;altre volte invece, i libri sperimentano una tecnica specifica, le fotocopie, i collage.

Quest’atteggiamento rivela un attitudine al quotidiano, all’uso o meglio al riuso di strumenti figurativi semplici che fanno parte della vita di tutti i giorni. Gli strumenti estetici sperimentati nei libri ma usati fuori dal contesto editoriale e tipografico, diventano la sua arte. Boetti immagina, scrive e disegna i suoi libri, con la pazienza di un grafico e l’entusiasmo di un collezionista. Anche quando assumono la forma di catalogo e quindi presentano una mostra, riescono a trasmettere altri significati, perché il fulcro del lavoro di rappresentazione non sono le singole opere ma la narrazione visuale. Come sottolineano i curatori del volume:

Non più semplice documentazione delle opere esposte, ma occasione per l’invenzione di un nuovo oggetto-libro d’artista, quasi un quaderno di esercizi privo di testi critici e composto solo di una giustapposizione di frammenti di proprie opere in dialogo con i titoli.

Ecco dunque che dai frammenti prende vita una storia parallela al lavoro d’artista, una riflessione sul valore e sul significato stesso dell’arte. I libri presentati sono viaggi nell’anima dell’artista.

Ai libri e ai cataloghi nel corso del volume si aggiungono i lavori in stampa, le cartoline che completano quello che in origine era il catalogo non destinato alla vendita, prodotto artigianalmente, della mostra omonima del 2004 Alighiero Boetti tuttolibro

. Alighiero Boetti è stato ad un tempo autore, compositore, grafico e narratore di prodotti tipografici fatti a mano, vere e proprie opere a margine della sua carriera d’artista.

Nel volume sono presenti altri prodotti a stampa difficili da catalogare come il Dossier Postale di Alighiero Boetti, nel quale vengono raccolte le lettere spedite ad amici, artisti e critici: le lettere tornano indietro perché spedite ad indirizzi inesistenti, vengono fotocopiate e spedite ad un altro destinatario ad un indirizzo ancora inesistente e così via fino a raggiungere una successione di viaggi reali delle lettere in direzione di località irreale per le persone. Un lavoro che crea una mappa di percorsi infiniti che seguono differenti sistemi logici nella loro ricomposizione in fascicoli.

I manifesti sono invece lavori d’arte su carta stampata attraverso i quali l’artista afferma il primato del pensiero sulla fisicità dell’oggetto

.

In questo volume che ancora una volta l’editore Corraini salva dall’oblio, prende forma un’ opera strana che a fatica si incasella in un genere preciso, così come è stato per il libro sui libri di un altro grande maestro, Ettore Sottsass.

Non è un catalogo, perché la mostra non c’è, non è un libro perché racchiude tanti libri, è forse il diario di un viaggio nella memoria dell’artista che contiene tracce di un esistenza,diario intimo di carattere visuale.

Boetti lavora in un territorio di confine, demolisce ancora una volta le barriere tra i generi, ci fa sentire piccoli e inadeguati nel nostro puerile tentativo di delimitare dentro una gabbia la libertà dell’arte.

ARCHITETTURA ITALIANA 1965-1985

LA TENDENZA. ARCHITECTURES ITALIENNES 1965-1985

Edited by Frédéric Migayrou 23 x 30 cm 160 pages, 214 colour illustrations Paperback, French/English 

La prima domanda che mi viene spontanea dopo aver visitato la mostra sulla tendenza al centro Pompidou di Parigi

è

: una mostra di architettura deve sempre dare delle risposte e perch

é

queste risposte devono per forza fornire una chiave interpretativa di ci

ò

che si va a raccontare?

A me

è

bastato osservare i disegni con attenzione per farmi un idea diversa, mi sembra pi

ù

interessante usare una cos

ì

ricca selezione di architetture per creare una propria linea interpretativa e per riaprire un dibattito su un periodo molto intenso della storia dell'architettura italiana (1965-1985). 

Mi sono formato a Roma nel periodo in cui tutto il materiale presente al Pompidou era ci

ò

che veniva dato in pasto agli studenti, molti disegni e poco costruito, quindi

è

evidente che la mostra

è

per me una sorta di viaggio nel tempo, utile per ripensare alcune direzioni intraprese durante il mio lavoro di architetto. Apprezzare una

mostra di architettura

è

possibile anche se il materiale presentato non rispecchia le proprie attitudini ed i propri linguaggi, anzi

è

proprio dal confronto critico che possono nascere interferenze preziose per il proprio lavoro.

Non si deve aver paura di un periodo storico invece che di un altro, si deve saper costruire un sistema di visione obbiettivo.

Se devo trovare un difetto, lo individuo

nel titolo che in un certo senso distrae dal reale contenuto, la tendenza infatti

è

legata al lavoro di un ristretto gruppo di architetti non tutti presenti nella collezione del Pompidou, e non sempre per scelta curatoriale, ma perch

è

sono stati gli architetti stessi a negare la propria presenza.

La gran parte dei visitatori illustri e meno illustri si

è

soffermata a commentare, attraverso recensioni e social network, la corenza curatoriale, gli accostamenti tra personaggi troppo diversi tra loro, perdendo di vista il reale contenuto di una stagione dell'architettura italiana caratterizzata da un rifiuto del moderno o meglio dall'esigenza di una generazione che cerca di segnarne il superamento e cos

ì

facendo pone le basi al postmodernismo, nel senso stilistico del termine.

Si pu

ò

parlare di tendenza senza mettere a sistema il lavoro di Aldo Rossi con quello di Giorgio Grassi e Massimo Scolari?

Si pu

ò

parlare di tendenza inserendo accanto a Monestiroli una grande quantit

à

di disegni e progetti dei gruppi GRAU Labirinto Metaphor ?

La risposta non

è

difficile lo hanno capito tutti, ma qui in gioco c'

è

ben altro, l'omaggio indiscusso di un istituzione straniera che accoglie come sempre a braccia aperte l'architettura italiana.

È

successo alla fine degli anni 90 con i Radicali succede oggi con una stagione meno felice e visionaria forse, succeder

à

domani, e l'architettura Italiana nonostante la sua crisi radicata, continuer

à

a vivere e far parlare di se non attraverso il contemporaneo ma attraverso il suo passato recente.

Tutto questo accadr

à

finch

é

ci sar

à

il rispetto di personaggi controversi come Frederic Mygairou.

Lavoro da collezionista, il suo, pi

ù

che da curatore critico, un collezionista infatti, assecondando la sua passione mette assieme opere che hanno lo scopo, una volta raccolte, di essere oggetto di interpretazione.

È

gi

à

successo, come ho accennato, per l'architettura radicale quando migayrou ha guardato al passato, o per l'architettura non standard quando guarda al presente.

E non si pu

ò

non essere d'accordo con Manuel Orazi quando scrve nella sua recensione alla mostra (

www.abitare.it

)

si

è

lusingati dall

importanza riconosciuta alla cultura architettonica italiana recente ed

è

un piacere guardare una ricca mostra vecchio stile, fatta cio

è

di centinaia di progetti e disegni appesi alle pareti, di decine di plastici e modelli e giusto un paio di proiettori di immagini, come avveniva appunto in quegli anni.